Diagnostica Distribuita
Diagnostica molecolare: modelli centralizzati vs. distribuiti a confronto
Diagnostica molecolare centralizzata e distribuita: differenze, vantaggi e integrazione dei modelli in ottica post-pandemica
Abstract
La diagnostica molecolare è sempre più strategica per la salute pubblica e privata. Questo articolo analizza due modelli operativi – Core Lab e laboratorio distribuito – confrontando caratteristiche, costi, tempi e affidabilità. Grazie all’esperienza maturata durante la pandemia e all’adozione di piattaforme come Hyris System™, Ulisse Biomed propone un modello ibrido: dispositivi PoC intelligenti connessi via cloud e supervisionati da laboratori centrali. Contributi diretti dal Presidente Stefano Lo Priore e dati di impatto clinico ed economico completano l’analisi.
- Snapshot
- Introduzione
- 1. Il modello centralizzato: efficienza e completezza ad alto volume
- 2. Il modello distribuito: rapidità e accesso vicino al paziente
- 3. Diagnosi predittiva, accessibilità e impatto economico
- 4. bGATE e modelli ibridi: il futuro secondo Ulisse Biomed
- 5. Confronto sintetico dei modelli
- INTERVISTA – Stefano Lo Priore
Snapshot
- Diagnostica molecolare: insieme di tecniche di laboratorio che identificano sequenze genetiche specifiche per diagnosticare malattie.
- Core Lab: laboratorio centralizzato dotato di alta automazione e capacità di analisi su larga scala.
- Diagnostica distribuita: architettura diagnostica decentralizzata che consente di eseguire test direttamente in prossimità del paziente (clinica, laboratorio periferico, siti remoti), mantenendo un collegamento attivo con il laboratorio centrale per controllo qualità, raccolta dati e supervisione.
- TAT (Turnaround Time): tempo medio che intercorre tra il prelievo del campione e la disponibilità del risultato.
- bGATE: gateway sviluppato da Ulisse Biomed per integrare e trasmettere in cloud i risultati dei test PoC, collegandoli al laboratorio centrale.
- bCUBE: dispositivo portatile per PCR in tempo reale, parte dell’Hyris System™.
- Controllo di Qualità (QC): procedure per garantire che i risultati diagnostici siano accurati e riproducibili.
Introduzione
1. Il modello centralizzato: efficienza e completezza ad alto volume
2. Il modello distribuito: rapidità e accesso vicino al paziente
3. Diagnosi predittiva, accessibilità e impatto economico
4. bGATE e modelli ibridi: il futuro secondo Ulisse Biomed
La visione di Ulisse Biomed si basa su un modello ibridolaboratori centralizzati che fungono da hub qualitativi, e dispositivi cloud-connected sul territorio. Soluzioni come bGATE permettono l’integrazione dei dati dal camponel sistema centrale, mantenendo controllo, tracciabilità e accuratezza. Secondo la leadership aziendale, la coesistenza armonica tra Core Lab e laboratori distribuiti rappresenta il futuro: un modello che garantisce scalabilità territoriale, sostenibilità operativa e un ritorno sull'investimento più rapido per laboratori e strutture sanitarie che devono coniugare efficienza e capillarità di servizio. Rapidità, resilienza e prossimità operativa da un lato; accuratezza, standardizzazione e supporto scientifico dall’altro.
Come sottolinea Stefano Lo Priore, Presidente di Ulisse Biomed, «un ecosistema diagnostico distribuito, se ben orchestrato, è oggi non solo possibile ma necessario: garantisce tempestività clinica e governabilità strategica allo stesso tempo».
5. Confronto sintetico dei modelli
Dopo aver esplorato le caratteristiche e le implicazioni operative dei modelli centralizzato e distribuito, è utile visualizzare in forma sintetica i principali indicatori che li distinguono. La tabella seguente offre un confronto diretto per supportare le decisioni strategiche di laboratori, investitori e stakeholder del settore sanitario.
Verso modelli ibridi: il meglio di entrambi i mondi
Sempre più reti sanitarie integrano laboratori centralizzati con una rete distribuita di dispositivi. I laboratori fungono da hub qualitativi, mentre i dispositivi distribuitiforniscono tempestività sul campo. Il modello Ulisse Biomed riflette questa tendenza: i dispositivi distribuiti sono connessi via cloud, controllati a distanza, e perfettamente integrati nel flusso clinico centrale. Questo approccio garantisce efficienza operativa, qualità uniforme e maggiore resilienza del sistema.
Indicatore | Core Lab | Laboratorio distribuito |
---|---|---|
TAT medio | 24–48h | 1–2h |
Capacità throughput | Migliaia di test/giorno | 1–5 test per dispositivo |
Menù di test disponibile | Ampio (inclusi test specialistici) | Limitato, in espansione |
QC | Centralizzato e continuo | Distribuito, da supervisionare |

INTERVISTA
Stefano Lo Priore, Presidente di Ulisse Biomed
D: Presidente Lo Priore, partiamo dal quadro generale. Qual è oggi, secondo lei, il ruolo strategico della diagnostica molecolare nel contesto post-pandemico?
R: La diagnostica molecolare è passata dall’essere una funzione tecnica a diventare una leva strategica per la sanità pubblica e privata. Ha cambiato la percezione di tempo, accuratezza e prossimità. Oggi non si tratta solo di identificare un patogeno, ma di farlo ovunque, con precisione e in tempo utile per decidere.
D: Il confronto tra modelli centralizzati e distribuiti è al centro di questo articolo. Qual è, secondo lei, il nodo principale da chiarire su questa dicotomia?
R: Chiamarla dicotomia è un errore concettuale. È come chiedersi se sia meglio il cuore o i polmoni: funzionano insieme. La narrativa che vede il laboratorio distribuito come antagonista del Core Lab è vecchia, sterile, e rischia di ostacolare l’innovazione. Il tema non è "o l’uno o l’altro", ma "come farli parlare". Il futuro appartiene a chi saprà farli cooperare in modo intelligente. Questa non è solo interoperabilità tecnica, è un cambio di paradigma culturale: bisogna portare la qualità del laboratorio ovunque, senza rinunciare al controllo centrale. Noi abbiamo deciso di progettare proprio lì: nel punto di contatto tra velocità periferica e autorevolezza centrale.
D: In concreto, come si traduce questa integrazione nella vostra proposta tecnologica?
R: Con una piattaforma distribuita ma governata. Ogni dispositivo bCUBE è connesso via cloud al nostro sistema centrale e consente di centralizzare la lettura, validare i dati, individuare anomalie. Così possiamo scalare la presenza territoriale mantenendo standard da laboratorio centrale. C'è ancora molto da fare, certo. Ma il sentiero è tracciato e la direzione è quella giusta: portare l’eccellenza dove prima c’era solo distanza.
D: Da quanto lei afferma, sembra che il punto critico sia la qualità dei test decentrati. Come garantite l’affidabilità in ambienti non specialistici?
R: In realtà non è l'unico, ma forse uno dei punti critici più importanti perché è quello che può minare la fiducia nel modello distribuito nel suo insieme. Se un test eseguito in un ambiente periferico dà un risultato impreciso o non affidabile, tutto il sistema viene messo in discussione: non solo lo strumento, ma anche l'approccio. È un rischio reputazionale e clinico che non possiamo permetterci. Abbiamo costruito il sistema intorno al concetto di errore previsto. Tutto è tracciato, monitorato, allertato in tempo reale. E quando serve, si interviene da remoto.
D: Questo equilibrio tra prossimità e controllo sembra avere ricadute operative interessanti. Quali sono, secondo lei, i vantaggi più rilevanti che emergono da questo approccio misto?
R: Scalabilità, resilienza e continuità operativa. Gli asset sono leggeri, ma integrati. Si riducono i tempi di ritorno e si amplia il bacino servibile. Ma ciò che rende davvero distintivo questo approccio è l’impatto sui flussi clinici: decisioni più rapide, triage più precisi, meno pazienti che attendono una diagnosi in pronto soccorso. La distribuzione intelligente consente di assorbire i picchi di domanda senza saturare il sistema centrale. E poi c’è un vantaggio di "concetto" fondamentale: chi adotta la nostra tecnologia non sta comprando solo strumenti, per quanto tecnologicamente evoluti, ma un nuovo modo di pensare alla diagnostica. Acquisisce una nuova architettura operativa, attivando nuove potenzialità che solo la diagnostica distribuita consente. Non è solo un approccio tecnologico, è un salto concettuale: significa muoversi in un nuovo paradigma dove il laboratorio non è un luogo fisico, ma una rete distribuita, reattiva e intelligente.
D: Un cambio di paradigma. Cosa significa da un punto di vista evolutivo per chi si occupa di diagnostica o anche chi è interessato ad investire in questo settore?
R: È una trasformazione che riguarda la mentalità, prima ancora della tecnologia. Chi opera nella diagnostica deve iniziare a pensare in termini di continuità del dato, non di localizzazione fisica. La qualità non è più ancorata a quattro pareti o a un badge professionale: è nella progettazione intelligente del sistema, nella connettività, nella tracciabilità. E per chi investe, questo paradigma apre a modelli scalabili, resilienza infrastrutturale e riduzione della latenza clinica. Il laboratorio del futuro non si vede, ma lavora per te. Invisibile, ma presente ovunque. Questa è la trasformazione che stiamo costruendo.
Fonti e bibliografia
[1] Frontiers Market Analysis Team (2024). "Decentralized Molecular Testing: Economic and Clinical Outlook." Front. Lab Chip Technol. 2024;3:1394752.
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/frlct.2024.1394752
[2] Anderson NW et al. "Centralized vs Decentralized Molecular Infectious Disease Testing." Clin Chem. 2021;67(5):713-719.
https://myadlm.org/
[3] ECDC. (2022). Guidance for Integrated Point-of-Care Testing in the European Union. European Centre for Disease Prevention and Control.
https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/integrated-point-care-testing-guidance
[4] Yao JD. "Point of Care Testing." CDC. 2023.
https://www.cdc.gov/
[5] WHO. (2023). Landscape of molecular point-of-care diagnostics for infectious diseases. World Health Organization.
https://www.who.int/publications/i/item/9789240063399