Vision & Strategy
Dentro l’innovazione: percorsi, persone e visione della R&D in Ulisse Biomed
Tre voci interne raccontano come nasce, si sviluppa e si governa l’innovazione in Ulisse Biomed: tra visione strategica, complessità tecnologica e rigore industriale.
Abstract
L’innovazione non è un processo astratto: è fatta di scelte, persone, metodi. In questo articolo esclusivo, tre figure chiave di Ulisse Biomed – il Presidente Stefano Lo Priore, il CTO Lorenzo Colombo e la co-fondatrice Bruna Marini – raccontano cosa significa fare R&D in un’azienda biotech che integra AI, cloud e diagnostica molecolare. Ne emerge un ecosistema coerente, dove l’equilibrio tra visione e fattibilità guida ogni linea di sviluppo, con l’obiettivo di trasformare le idee in soluzioni cliniche concrete, scalabili e regolatorie.
Introduzione

INTERVISTA 1
Stefano Lo Priore, Presidente e Fondatore di Hyris
Facciamo preliminarmente un piccolo passo nel passato recente e pensiamo alla fusione tra Hyris e Ulisse Biomed. Quali valori e competenze ha portato Hyris al gruppo? Come si combinano con quelli di Ulisse Biomed?
"Abbiamo unito due mondi diversi, ma perfettamente complementari: da una parte la forza industriale, la scala e l’agilità tecnologica tipici di Hyris; dall’altra la qualità della ricerca e l’expertise accademico di Ulisse Biomed. Questa integrazione crea un ecosistema unico, in cui hardware, reagenti e intelligenza artificiale parlano la stessa lingua. Il nostro gruppo diventa così più forte e unitario, pronto a competere a livello globale con soluzioni molecolari complete e altamente integrate."
Qual è oggi il valore strategico della ricerca e dell'innovazione in Ulisse Biomed?
"La vera innovazione non nasce da un'intuizione solitaria, ma da un terreno fertile fatto di visione condivisa, fiducia e disciplina. In Ulisse abbiamo creato questo terreno: un ambiente che alimenta le idee, ma che sa anche selezionarle, coltivarle e trasformarle in soluzioni reali e industralizzate. Il vero valore strategico della nostra ricerca sta nella sua capacità di restare ancorata alla realtà, mantenendo l'attenzione sulle sfide concrete e orientando l'innovazione verso traguardi che siano realmente utili: per migliorare l'efficienza, per rispondere ai bisogni clinici emergenti, per ampliare le possibilità tecnologiche del sistema. L'innovazione ha senso se produce impatto misurabile. E per farlo, deve essere incanalata verso obiettivi concreti, rilevanti e sostenibili."
Quindi da idee a impatto reale?
"Esattamente. Ciò che distingue l'innovazione efficace è la sua capacità di trasformarsi in valore. Per noi, valore significa migliorare concretamente la vita di operatori sanitari e pazienti, ottimizzare costi e tempi, e restituire affidabilità al processo diagnostico. Per esempio, Ogni progetto R&D deve restituire un miglioramento tangibile, non solo un esercizio di innovazione fine a sé stessa."
Facciamo ora non un piccolo passo, ma un vero e proprio salto nel futuro: come immagina che evolveranno la diagnosi molecolare e la tecnologia nei prossimi dieci anni?
"Credo che stiamo andando verso un modello radicalmente diverso, dove diagnosi, terapia e prevenzione saranno interconnesse in tempo reale. La diagnosi molecolare non sarà più confinata in laboratori centralizzati, ma sarà distribuita, predittiva e personalizzata. Gli strumenti saranno sempre più piccoli, più intelligenti, più autonomi. Ma ciò che farà davvero la differenza sarà la capacità di dare senso ai dati. L’intelligenza artificiale sarà un alleato quotidiano, non solo per leggere una curva, ma per anticipare uno scenario clinico. In questo futuro, l’innovazione sarà davvero al servizio della vita, e Ulisse Biomed vuole essere parte attiva di questo cambiamento, portando il laboratorio ovunque, ma anche portando consapevolezza, sostenibilità e visione industriale."
In sintesi: visione proiettata al futuro, ma sempre ancorata a un approccio industriale e orientato alla fattibilità concreta?
"Assolutamente. Ogni visione che aspira a generare cambiamento, e per me R&D è il motore principale di questo cambiamento, deve poggiare su basi solide, su un modello che trasformi l’ambizione in concretezza. Per noi, questo significa coniugare creatività e disciplina, intuito e processo. È un equilibrio delicato, ma essenziale: sognare con lucidità, innovare con metodo. E alla fine, ciò che conta davvero è vedere quelle idee trasformarsi in strumenti che funzionano, in soluzioni che aiutano, in tecnologie che lasciano il segno. È lì che trovi anche una soddisfazione profonda, perché sai che quell’equilibrio tra visione e realtà, tra slancio e rigore, non è solo possibile: è necessario."

INTERVISTA 2
Lorenzo Colombo, CTO
Stefano Lo Priore ci ha raccontato come ogni visione, per essere efficace, debba poggiare su basi solide, e ha definito la R&D il vero motore del cambiamento in azienda. Sei d'accordo con questa visione? In cosa si traduce, concretamente, nella vostra infrastruttura R&D?
"Sì, la condivido pienamente. Mi è capitato spesso di spingere il team su soluzioni molto avanzate, quasi speculative. Ma è proprio grazie a quel confronto costante con una visione più salda, più industriale, che siamo riusciti a incanalare quelle intuizioni in progetti fattibili. In Ulisse Biomed innovazione non significa rincorrere ogni possibilità, ma costruire possibilità che reggano nel mondo reale. È un gioco di forze complementari. E senza quella tensione tra chi sogna e chi struttura, molte delle nostre soluzioni non esisterebbero."
Quindi il confronto tra visione e concretezza come si traduce per il tuo ruolo in Ulisse Biomed?
"Per me significa fare da ponte tra ciò che vorremmo realizzare e ciò che possiamo concretamente costruire con precisione ingegneristica. Il mio ruolo richiede di tradurre intuizioni e stimoli visionari in architetture tecniche solide: hardware affidabili, software scalabili, reagenti stabili. Tutto ciò deve integrarsi in un ecosistema coerente, interoperabile, e soprattutto validabile. Ogni scelta progettuale deve tener conto non solo delle performance teoriche, ma anche della producibilità, dei vincoli normativi, della manutenibilità sul campo. È un lavoro che impone rigore, ma lascia spazio alla creatività applicata. Per me, innovare è costruire — e costruire bene."
Qualche esempio concreto di questo equilibrio tra visione e fattibilità?
"Ce ne sono molti. Ma uno su tutti riguarda proprio la nuova generazione di strumenti PCR: l'integrazione fra hardware, reagenti e cloud. Ogni miglioramento o modifica su un canale richiede allineamento perfetto sugli altri. Il nostro compito in R&D è proprio questo: affrontare problemi che inizialmente sembrano tecnicamente insormontabili e trovare il modo di renderli gestibili, ripetibili, misurabili. La vera sfida è rendere banale la complessità, creare un sistema che funzioni sempre — anche in condizioni non ideali. E quando ci riusciamo, vuol dire che abbiamo tradotto un’idea in qualcosa di concreto e applicabile: è lì che il cambiamento prende forma."
Uno dei temi più in voga in questo periodo è l'IA. A questo proposito, cosa mi può dire da un punto di vista della sua integrazione nel vostro approccio R&D, in particolare in relazione ai test PCR?
"L'integrazione dell'AI nei flussi di lavoro PCR è uno dei nostri asset più strategici. Non parliamo solo di analisi post-diagnostica, ma di veri e propri modelli predittivi che intervengono su più livelli: ottimizzazione delle condizioni di reazione, monitoraggio in tempo reale della qualità del segnale, interpretazione assistita dei risultati. Questo ci permette di ridurre il margine d’errore, velocizzare i cicli di sviluppo e semplificare l’esperienza utente in contesti distribuiti."
Qual è il metodo che adottate internamente per garantire il controllo sull'efficienza con queste tecnologie innovative, soprattutto nell'ottica di uno sviluppo e applicabilità industriale?
"Controllare l'efficienza in un contesto ad alta innovazione significa prima di tutto misurare in modo sistematico. Ogni tecnologia che sviluppiamo viene sottoposta a benchmark interni che ne valutano performance, scalabilità, stabilità e tempo di integrazione. Applichiamo una logica iterativa a bassa latenza: test continui, feedback immediato, e revisione agile. Questo ci consente di individuare i colli di bottiglia già in fase di prototipazione e intervenire in tempo reale. Ma soprattutto, ogni fase è documentata in modo strutturato, così da garantire tracciabilità e replicabilità industriale. L’efficienza, per noi, non è solo rapidità: è coerenza tra ciò che promettiamo e ciò che riusciamo a produrre in modo affidabile."
Guardando al futuro, che ruolo avrà l’R&D nel percorso evolutivo di Ulisse Biomed?
"Credo che sarà ancora più centrale. Lavoriamo in un settore che cambia in continuazione, e la nostra capacità di anticipare il cambiamento sarà determinante. L’R&D dovrà diventare sempre più predittivo, sempre più integrato con la strategia aziendale, e capace di trasferire valore tangibile nel minor tempo possibile. Il mio obiettivo personale è far sì che ogni nuovo progetto parta non solo da un’intuizione, ma da una necessità reale, tracciabile e validabile."

INTERVISTA 3
Bruna Marini, membro del CdA e co-fondatrice di Ulisse Biomed
Bruna, come co-fondatrice e oggi membro del CdA, hai accompagnato Ulisse Biomed fin dai primi passi. Qual è stato il tuo contributo originario nella costruzione della cultura R&D?
"Venendo dalla ricerca accademica, ho portato in Ulisse Biomed un approccio molto strutturato: rigore sperimentale, gestione dei dati, attenzione ai dettagli. Ma soprattutto, ho lavorato per creare un ponte tra scienza e operatività industriale. Nei primi anni, questo significava definire processi, criteri di validazione, metodologie di controllo che permettessero alla ricerca di diventare prodotto. Un approccio che ha trovato piena applicazione in progetti complessi come HPV Selfy, dove la qualità della ricerca ha dovuto integrarsi con requisiti regolatori e industriali stringenti. Quel metodo oggi è parte del DNA aziendale."
Guardando indietro, quale progetto rappresenta per te un punto di svolta in termini di cultura dell’innovazione?
"Senza ombra di dubbio il progetto HPV Selfy, che ho seguito personalmente nelle fasi chiave. Non solo per la sua rilevanza clinica, ma per il livello di integrazione tra ricerca, regolatorio, produzione e marketing. Si tratta di un test diagnostico ad alta sensibilità per la genotipizzazione dell’HPV, progettato per essere compatibile con l’approccio decentralizzato della piattaforma Ulisse Biomed. È stato validato clinicamente con standard internazionali e supportato da partner strategici come Microbix per i controlli QAPs. Questa sinergia ha elevato la qualità del prodotto, garantendo copertura sui genotipi ad alto rischio e favorendo l’accesso a certificazioni CE e IVDR. In sintesi, un caso esemplare di come l’innovazione richieda una governance trasversale e coesa, capace di trasformare competenze tecniche in soluzioni clinicamente affidabili e industrialmente scalabili."
Oggi non hai più un ruolo operativo quotidiano, ma sei ancora molto vicina all’azienda. Come vivi questo nuovo posizionamento?
"È un passaggio naturale, ma anche stimolante. Il mio ruolo nel CdA è quello di portare una visione integrata, aiutare a mantenere coerenza tra le scelte strategiche e l’identità scientifica dell’azienda. Continuo a seguire con attenzione le roadmap R&D e i piani di industrializzazione, anche se non li coordino direttamente. Direi che oggi il mio contributo è più legato alla visione e al posizionamento, piuttosto che alla gestione operativa. E, soprattutto, sento la responsabilità di custodire e valorizzare la continuità storica che ci lega alle nostre origini. Dopo la fase fondativa, in cui abbiamo tracciato le linee guida culturali e metodologiche di Ulisse Biomed, l’ingresso di nuove competenze, visioni, ma soprattutto persone di straordinario valore umano e professionale ha portato un’evoluzione decisiva. Oggi quell’impianto iniziale non solo è stato preservato, ma ha trovato nuova linfa e una direzionalità strategica ancora più matura. Riconoscerlo e armonizzarlo con le nuove sfide è, per me, parte essenziale del processo di crescita."
Con uno sguardo rivolto al futuro, quali sono, secondo te, i pilastri che devono guidare l’innovazione in un’azienda biotech come Ulisse Biomed?
"Metodo, visione, responsabilità. L’innovazione non può essere solo brillantezza o intuizione: deve essere incanalata dentro un processo robusto. E deve produrre impatto. Per questo credo ancora oggi che la cosa più importante non sia solo l’idea, ma la sua trasformazione in qualcosa che funziona, che rispetta normative, che può essere scalato industrialmente. Quando l’innovazione è concreta, conforme, ripetibile e pronta per il mercato, allora diventa un vero motore di crescita tecnologica e competitiva."